Il cortile del Museo Etnografico
è un luogo dell’anima: della memoria e insieme del presente, dei semi deposti
oggi con amore e dei frutti che, con un sorriso compiaciuto, ci auguriamo di
poter raccogliere domani. È uno spazio di condivisione e comunità, di festa e
di fatica: la sede ideale per il vivaio di amarMET.
Su un prato che sfuma in
campagna, dove il cortile sembra quasi abbracciare un grande campo, abbiamo
dato inizio ad un’opera meditata e rimeditata per mesi, che costituirà uno dei
fulcri portanti del nostro progetto, simbolo di ciò che desideriamo sia il MET
anche in futuro. Un museo concepito come punto d’incontro e scambio culturale,
come fucina di nuovi modelli per fare agricoltura, rispettando l’ambiente,
l’integrità del paesaggio, le specie autoctone, i riti e i ritmi della
tradizione.
Il vivaio, dalla caratteristica
forma a mezzaluna, ha lo scopo di riprodurre piante da frutto attraverso
portainnesti o semi, per favorire la diffusione e la propagazione di varietà
arboree forestali ritenute autoctone.
La piantumazione dei portainnesti
è avvenuta all’interno di un solco lungo circa dieci metri, con una sezione ad
angolo retto di quaranta centimetri di lato, scavato interamente a mano.
Questo gesto, apparentemente
semplice, nasconde una valenza profondissima. Una fatica affrontata insieme,
con allegria, per raggiungere un obiettivo comune, fortifica i rapporti e
riconduce la percezione del proprio tempo all’armonia con il naturale fluire
delle cose. Mentre il sudore imperla la fronte e le braccia dolgono per lo
sforzo, il ristoro è nel canto degli uccelli, nella lieve brezza che sfiora le
fronde, nel sentirsi parte integrante di un ecosistema da preservare anche
tramite il proprio lavoro.
Dopo aver mescolato il terriccio
ottenuto dallo scavo con il fertile compost, abbiamo preparato i portainnesti, cimandone chioma e apparato
radicale per agevolarne la crescita vegetativa, abbiamo innaffiato le loro
radici e infine li abbiamo messi a dimora.
La terra rimanente è stata
utilizzata per richiudere il solco, premendola leggermente intorno ai
portainnesti. A questi ultimi sono state legate delle canne, per fungere da
tutori nella crescita delle piantine.
L’atto finale, che ha sancito la
nascita del nuovo vivaio, è consistito nell’innaffiare abbondantemente il
solco, affidando le piccole creature alla bontà del clima e alle cure amorevoli
di ciascuno. Nella speranza che i fuochi di marzo, ardendo pochi giorni fa nel
cortile antistante il museo, abbiano scacciato l’oscurità dell’inverno e
assicurato un raccolto propizio.
Nessun commento:
Posta un commento